“La casa delle orfane bianche” – Fiammetta Palpati


Voto: 4 stelle / 5

La casa delle orfane bianche” è un romanzo di Fiammetta Palpati pubblicato da Laurana Editore a gennaio 2024. È stato presentato al Premio Strega 2024. Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Non nascondo di partire sempre  scettica con le letture di autori italiani – mea culpa, ho spesso fatto scelte sbagliate, prendendo cantonate terribili -, ma devo ammettere che le scelte editoriali della collana Fremen di Laurana mi lasciano sempre allibita. Per il coraggio, per l’audacia di proporre testi insoliti ed originali. 

Questo romanzo di Palpati ha un’arguzia e una sottigliezza incredibili. Oltre ad una scrittura fresca, energica, incisiva, con un taglio narrativo indicato come “romanzo in due atti e un intervallo galante”. Una tragicommedia, dove lo spettatore/lettore, dal suo salotto, non sa se ridere o se piangere, grazie ad un narratore esterno che si presta ad arguzie e sagacie per raccontare, in quel modo talvolta ironico, una storia altrimenti straziante.

Trama de La casa delle orfane bianche

“La casa delle orfane bianche” è la storia di tre donne, e le relative anziane madri, che decidono di coabitare per suddividersi le incombenze di assistenza alle tre genitrici. Attraverso la quotidianità e l’abituarsi a vivere sotto lo stesso (anch’esso vecchio) tetto conosciamo le sei figure femminili, il cane (si scoprirà femmina anch’esso) e una damigiana. Durante la quaresima arriva, non si sa da dove, una settima donna che millanta di essere una suora. Malata, lercia, emaciata, inattesa – aspettavano una badante, a dirla tutta-  rivela alle figlie di essere delle orfane bianche.

Con l’espressione “orfani bianchi” si intendono quei bambini che non sono rimasti senza genitori, ma i cui genitori sono lontani.

E le tre figlie sono delle vere e proprie orfane bianche, a causa del difficile rapporto che hanno avuto con le loro madri; è come se i ruoli si fossero ribaltati, le figlie sono state sempre le madri delle loro madri, non solo ora che le anziane hanno bisogno di sostegno e cure continue. Ma questa è una storia tutta ribaltata: le figlie sono madri, le madri sono figlie, la suora è un’impostora, il cane (femmina) è infido. La damigiana… non ve lo dico. 

Recensione

La Pasqua alla fine arriva, nel borgo, ed è morte e mestizia, la morte è rinascita, si fa primavera, ma poi non sappiamo più nulla delle sei donne perché il finale è lì. Sospeso. Aperto. Misterioso.

Come misterioso è, in fondo, il misticismo che pervade il racconto, non solo per il periodo quaresimale e per una pseudo suora che potrebbe essere stigmatizzata, ma anche – per estensione – per le esistenze difficili delle orfane, le prove che hanno attraversato, la passione (in senso evangelico) delle madri, lo strazio dei corpi che contengono menti instabili.

“Questa casa doveva essere un nido. È diventata un covo.”

Ecco, sì, la storia di queste sei vite potrebbe essere straziante, drammatica, potrebbe far piangere. Invece l’autrice è riuscita a raccontarcela con un tocco lieve, senza farci crollare addosso la tristezza. Facendoci comunque riflettere col sorriso. 

Perché non è necessario essere drammatici per raccontare storie drammatiche.

Chiara Carnio

Commenti