“Autogrill” – Alessandra Gondolo


Voto: 5 stelle / 5

La scrittrice cuneese Alessandra Gondolo dedica il suo romanzo d’esordio “Autogrill” (8tto Edizioni, 272 p.), in libreria dal 28 febbraio 2025, “A chi mi ha donato gli occhi per vedere la libertà del dettaglio” .

Ringraziamo l’ufficio stampa Otago e la casa editrice per l’omaggio cartaceo .

Trama di Autogrill

Alcuni giovani possiedono già una bussola interna. Sembrano in grado di muoversi con disinvoltura nel mondo, consapevoli di dove sono stati, sono, andranno. Per altri, invece, i punti cardinali non sono mai esistiti. Un giorno possono colare a picco oppure aggrapparsi a uno scoglio, uno scopo per cui valga la pena vivere e soprattutto volersi bene. Sono fatte così Miche e Jenny, due creature complementari e antitetiche come il giorno e la notte, ma altrettanto complesse. La prima nasconde le sue profondità, la seconda le ostenta.

Miche è una ragazza timida e introversa che nel camouflage di abiti informi sigilla sé stessa e il proprio vissuto, sperando di diventare invisibile agli occhi altrui. Fatta eccezione per le persone cui tiene davvero, perché per lei Amore significa essere visti da chi si ama. Spesso sente la necessità di estraniarsi nello spazio vuoto di un mondo tutto suo, dove non permette a nessuno di entrare. Una censura psicologica ad arginare le ferite di una famiglia disfunzionale ai margini di una città senza nome.

Energica, comunicativa, armata di una femminilità ruspante e burrosa, l’amica Jenny non ha paura di niente e non teme il desiderio. Affronta i problemi con l’iperbole della provocazione, perché trova sempre un modo per aggiustarli. È una che il mondo lo guarda dritto in faccia con la stessa tenacia con cui Miche, invece, ne distoglie lo sguardo per mimetizzarsi sul fondale della vita. E la vita per loro si chiama autogrill, uno dei tanti non luoghi della modernità sradicati dalla storia dove le persone passano, consumano, a volte tornano. Viene da pensare che entrambe lavorino in uno di quelli giganteschi, a ponte sulle corsie di un’autostrada del Meridione, che oggi non si vedono quasi più.

Merito di Jenny, che ha fatto assumere l’amica come barista per strapparla dalla sua apatia esistenziale. Qui Miche si sente viva grazie alle vite altrui.

Arrivano i ricordi, si fiondano così rapidamente nella sua testa che le sembra di ritornare a essere la protagonista di quei momenti antichi, come se non conoscesse la successione dei movimenti, le parole dette, i punti che chiudono le frasi. Un ripercorrere il già vissuto senza esserne cosciente. I ricordi risalgono su atrofizzati, sanguinanti, mai pieni della loro bellezza, sempre feriti. Non escono, espulsi da una voce che li renda reali, tornano indietro, si inabissano di nuovo

Numerosi clienti scambiano volentieri quattro chiacchiere e si confidano un po’. Personaggi sghembi di un’armata Brancaleone con tante esperienze da raccontare e custodire che faticano a stare dentro i bordi della vita. È fuori chiave lo stravagante Pier, il becchino, che tenta di normalizzare la sua esistenza e ogni volta fallisce. C’è Carlo, il factotum, condannato al nomadismo perché appena impara un mestiere va a cercarne un altro. Poi l’affezionato Max, a celebrare il rituale quotidiano del gratta e vinci fortunato che farà decollare la sua vita.

Un giorno Jenny e Miche prendono in gestione una piccola stazione di servizio che diventa la tela bianca dove imbastire il futuro. L’insegna “Michenny” esibisce la profondità della loro intesa. Il rosa shocking degli interni, vivace, brioso, onirico, diventa la bandiera di un progetto, una promessa di felicità. Prima di farsi materia ogni colore è un concetto.

E lentamente l’avventura imprenditoriale schiude alla leggerezza il cuore di Miche. Ma il cambio di passo che la mette di fronte al bivio tra esistere o vivere scatta alla notizia che Giacomo – l’amico della sua infanzia negata (l’unico a vederla) -, versa in gravi condizioni all’ospedale. Anche se il tempo ha sfilacciato i fili che li tenevano uniti con la complicità di scelte sbagliate, l’onda dei ricordi la travolge:

Questa volta, però, la protagonista sceglie di affrontare quel passato da cui si ostina a fuggire, una tappa necessaria per attraversare il dolore e conoscere il sapore della felicità. Sarà pronta a farlo? E a quale prezzo?

Recensione

A colpire subito è il nome “Miche”, un moncone che sfugge al sistema binario di genere. Sembra rimandare all’identità disorientata e interrotta di chi, pur tagliando i ponti con il suo mondo di ieri, resta intrappolato in una bolla che ignora il domani. Tanto che il nome completo “Michela” compare per la prima volta nello tsunami dei ricordi e della sofferenza che li accompagna.

Introspezione psicologica a parte, il romanzo scommette sull’ambientazione forte di un non luogo di cui ribalta a sorpresa le caratteristiche. L’autogrill di Alessandra Gondolo ha il calore di una casa che ti aspetta e comunica senso di appartenenza, stabilità, autenticità nei rapporti interpersonali.

Non a caso dichiara di essere un’attenta e curiosa osservatrice degli sconosciuti che frequentano i bar, fino a perdersi nei loro gesti e nelle loro parole. Quella a inizio libro è una dedica importante. L’estetica dello sguardo, variamente declinato in chiave simbolica e intimista, è l’anima di questo romanzo. Si tratta di un romanzo di formazione saturo di sofferenza, rabbia, solidarietà, emozioni, scelte e rinascita e tanta poesia.

In “Autogrill” emerge una grande padronanza del mezzo espressivo perché la scrittura è “dura e tenera” come Jenny. Sfrontata, spiazzante, diretta, ma capace di toccare con uno stile poetico e personale le corde più profonde di un’ umanità varia e di una ragazza insultata dalla vita che trova il suo posto nel mondo. Un finale potente. Un esordio narrativo che arriva dritto al cuore.

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